Quaresima 2024

“La violenza ferita da guarire: quella che portiamo dentro di noi e quella che genera guerre”

L'omelia del vescovo Giovanni nel mercoledi delle Ceneri-14 febbraio 2024, cattedrale di Grosseto

E’ un gesto, quello che stiamo per compiere, molto antico, ma non antiquato, cioè non superato, né un linguaggio che non sia compreso.

E’, invece, un linguaggio che affonda le sue radici nell’Antico Testamento: “Vedi come io che sono polvere e cenere”, dice il patriarca Abramo a Dio, quando lo supplica di risparmiare la città, perché lì forse ci sono dieci giusti, forse cinque, forse uno solo (cfr Gn 18, 22-27). La supplica che viene la coscienza della bontà di Dio, naturalmente, e della pochezza nel supplicarlo. I profeti ci avvisano che questo gesto, pur significativo, non è sufficiente: “Stracciatevi il cuore, non le vesti”, dice il profeta Gioele (cfr Gl 2,13), perché se questo rimane alla nostra superficie, è chiaro che diventa inutile e può essere anche falso, contraddittorio, dandoci l’illusione di aver compiuto qualcosa di valido, mentre invece è una cerimonia che lascia il tempo che trova. Se questo avvenisse, il Vangelo ci dice anche come rendersene conto: se suoniamo la tromba davanti a noi quando facciamo l’elemosina; se assumiamo un’aria disfatta per aver fatto un gesto penitenziale.

Allora è un richiamo, quello che voglio comunicare a me stesso e a tutti voi, alla interiorità spirituale, umana, evangelica di ciascuno di noi, ma che deve essere condivisa: noi siamo un popolo, il popolo di Dio, che chiede come popolo perdono a Dio; poi ognuno di noi ha la sua storia, il suo accento, i suoi momenti di gioia e di dolore da presentare al Signore. E li presentiamo assieme a quelli del nostro vicino, a coloro con cui camminiamo, ma anche a coloro con cui magari vorremmo condividere questo cammino, ma che tante situazioni lo impediscono.
Accogliamo, dunque, questa Parola, perché ci segni dentro e ci aiuti a guarire le nostre ferite.

E una ferita vorrei indicare come elemento particolare di quel che stiamo celebrando: la ferita della violenza. Certo, mi riferisco alle guerre in corso, a quelle di cui stampa e opinione pubblica parlano: in Ucraina e in Terra Santa. Ma anche alle guerre di cui non parla nessuno, quelle che sono striscianti o evidenti, ma non attirano l’attenzione dell’opinione pubblica. Qui si aprirebbe un altro discorso, che non affronto, ovvero il perché non attirano l’attenzione dell’opinione pubblica. E’ un fatto però che quelle guerre ci sono… .

E poi la violenza nostra, la violenza della società, la violenza che portiamo dentro di noi e con cui non riusciamo a fare i conti; la violenza che riusciamo a travestire da giustizia o da buon governo della società, ma che in molte circostanze è desiderio di rivalsa e di vendetta. Bisogna che la Parola di Dio penetri dentro di noi per insegnarci a distinguere bene queste cose. Quella Parola che, dice la lettera agli Ebrei, è più penetrante di una spada a doppio taglio, è un bisturi quanto mai necessario e funzionante! Che ci aiuti, allora, a distinguere la violenza che nasce dal desiderio inconscio, ma non per questo meno profondo, di rivalsa e di sopraffazione. Ce l’abbiamo, fratelli, dentro di noi! Non siamo così ingenui da dire: “Questo non mi riguarda”.

Dobbiamo guardarci dentro, ma farlo con fiducia, perchè “tu puoi guarirmi”, dice a Gesù il lebbroso nel passo evangelico proclamato domenica scorsa; con fiducia perché “tu sei il mio Signore, il mio salvatore”. E allora diciamolo con questo gesto! Diciamolo con le parole che la liturgia ci mette in bocca! Diciamolo insieme: guariscimi, Signore! Noi ci presentiamo davanti a te come i lebbrosi del Vangelo, come i ciechi, come coloro che erano tormentati, ma siamo fiduciosi che Tu puoi guarirci e, a nostra volta poi, vivere una vita più dignitosa, più umana.
Verrebbe da dire, se mi permettete una battuta un po’ triste: a questo mondo ci si sta tanto poco e si fa di tutto per starci male, odiandoci e facendo del male. Sono troppo pessimista? O sono parole di circostanza, perchè oggi sono le ceneri e bisogna parlare di certi argomenti? Penso di no. Siamo fiduciosi che la Parola di Dio ci guarisca, ma bisogna riconoscere di averne bisogno e noi siamo qui per questo: perchè sappiamo che ne abbiamo bisogno. Che anche noi possiamo ripetere le parole dei soldati mandati da Gesù per arrestarlo e tornati a mani vuote: “Nessuno parla come quell’uomo” (cfr Gv 7,46), dissero a chi chiedeva loro spiegazioni.

Continuiamo, allora, a metterci alla scuola del Signore; continuiamo ad avere fiducia; continuiamo a fare del bene, senza suonare le trombe o metterci agli angoli delle piazze e certamente il Padre nostro, che vede nel segreto, ci accoglierà.

                                                                                                                                                                                                                                      +Giovanni 

                                                                                                                                                                                                                              (da registrazione)           

 

condividi su